Profili reddituali delle plusvalenze

Nonostante la disciplina delle procedure concorsuali sia stata interessata negli ultimi anni da numerose modifiche normative, con riguardo alla disciplina fiscale è mancata una riforma complessiva, in favore di interventi di ”manutenzione” apprezzabili, ma sporadici e asistematici. In particolare, è tuttora controverso il perimetro di applicazione della disposizione contenuta nell’art. 86, comma 5, del T.U.I.R. e, segnatamente, da un lato, se l’irrilevanza fiscale delle plusvalenze e minusvalenze realizzate in sede di concordato ricorre solo nel concordato con cessione dei beni o anche nelle altre forme di concordato e, dall’altro, se tale regime di non imponibilità trova applicazione anche qualora la procedura si concluda con un residuo attivo.

Con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (1), il legislatore ha nuovamente modificato la disciplina delle procedure concorsuali e, in particolare, quella del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, al fine di valorizzarne la funzione di garantire la prosecuzione dell’attività d’impresa.
Sotto il profilo fiscale, con il medesimo strumento è stata estesa agli accordi di ristrutturazione – seppure con qualche rilevante differenza – la disposizione contenuta nell’art. 88, comma 4, del T.U.I.R., relativamente alla detassazionedella sopravvenienza attiva da  esdebitamento, ma restano irrisolte alcune problematiche interpretative relative ad altre disposizioni.
Plusvalenze e minusvalenze realizzate in sede di concordato preventivo 
A tale ultimo riguardo, nessuna modifica ha interessato la disposizione contenuta nell’art. 86, comma 5, del T.U.I.R., a norma del quale «la cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non costituisce realizzo delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento ». Dottrina e giurisprudenza, in linea di principio, sono concordi nel ritenere che la finalità della norma testé citata può essere astrattamente individuata nella volontà del legislatore: – da un lato, di favorire l’adesione alla procedura concordataria, evitando la nascita di un debito d’imposta che, sebbene successivo alla procedura stessa, secondo l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto gravare sulla medesima; – dall’altro lato, di impedire che, in capo ad un soggetto che subisce lo «spossessamento» dell’intero patrimonio, possa sorgere un’obbligazione relativa alle imposte reddituali, al cui pagamento quel soggetto non potrebbe adempiere, non disponendo di alcun mezzo per effetto del predetto spossessamento.
La ratio di tale disposizione sembra, quindi, riecheggiare quella posta a fondamento della previsione contenuta nell’art. 88, comma 4, del T.U.I.R., venendo il reddito d’impresa in pendenza del concordato preventivo disciplinato nell’ottica di alleggerire il peso degli oneri fiscali gravanti sulla procedura concorsuale, in considerazione della sostanziale «incapacità contributiva» che caratterizza l’impresa in stato di dissesto.
In questo senso, si comprende come, per espressa previsione normativa, l’esclusione da imponibilità si applichi non solo ai beni strumentali, ma anche alle rimanenze di magazzino  e all’avviamento, presupponendo – il trasferimento di quest’ultimo – la cessione in blocco dell’intero complesso aziendale (che dà luogo all’emersione di un’unica plusvalenza o minusvalenza, a prescindere dalla presenza nel complesso aziendale di beni da cui originano ricavi).