La materia della fusione transfrontaliera (e cioe` della procedura di fusione cui partecipano societa` regolate dal diritto di ordinamenti diversi) e` disciplinata, in via generale, dall’art. 25, comma 3, L. 31 maggio 1995, n. 218, per il quale «[…] le fusioni di enti con sede (1) in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati». Questa norma, che dunque implicitamente ammette, in linea di principio, la liceita` (e quindi la praticabilita`) nel nostro ordinamento, delle fusioni transfrontaliere, accoglie il cosiddetto ‘‘criterio distributivo’’ (2), vale a dire che il procedimento di fusione transfrontaliero e` disciplinato, per ciascuna societa` partecipante alla procedura di fusione, dalla legge dello Stato cui detta societa` ‘‘appartiene’’ fin tanto che si tratta di svolgere attivita` ‘‘individuali’’ da parte di dette societa` (ad esempio, l’elaborazione del progetto di fusione o lo svolgimento dell’assemblea che decide la fusione); ma che, quando invece si tratta di svolgere attivita` ‘‘congiunte’’ oppure attivita` che comportano una necessaria interrelazione tra le societa` partecipanti all’operazione di fusione (ad esempio, la stipula dell’atto di fusione, la sua pubblicita`, i suoi effetti), occorre osservare le norme dettate da tutti gli ordinamenti cui ‘‘appartengono’’ le societa` partecipanti all’operazione di fusione (3).