Agevolazioni fiscali. Investimenti nuova occupazione

Il credito di imposta di cui fruiscono le imprese che incrementano il personale è dovuto anche nei casi in cui i lavoratori assunti non siano iscritti al collocamento. È quanto emerge dalla sentenza 8 maggio 2013, n. 10774, Corte di Cassazione – Quinta Sezione Tributaria.

La questione. Gli Ermellini hanno respinto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate che ha lamentato la violazione dell’articolo 4 della Legge n. 449/1997, per avere la CTR Sicilia, in accoglimento del ricorso della società contribuente, applicato il regime concessivo del credito d’imposta per l’incremento occupazionale senza che i lavoratori, già occupati dell’impresa, potessero realizzare il requisito della previa iscrizione alle liste di collocamento o di mobilità o di fruizione della cassa integratori guadagni nei territori di cui all’obiettivo 1 del Regolamento CEE 2052/1988. Sul punto l’Amministrazione osserva che, secondo le disposizioni della predetta norma, i presupposti per accedere all’agevolazione sono che l’impresa, anche di nuova costituzione, realizzi un incremento del numero di dipendenti a tempo pieno e indeterminato; che i nuovi dipendenti “siano iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità oppure fruiscano della cassa integrazione guadagni nei territori”, e, infine, che i contratti di lavoro siano a tempo indeterminato.

Osservazioni della Corte. Dunque, nel confermare la sentenza di secondo grado che aveva dichiarato illegittimo il recupero del credito d’imposta fruito dalla società ricorrente nel 2000, la Quinta Sezione Tributaria ha chiarito che il requisito di cui all’art. 4, comma 5, lettera e) L. n.449/1997 della iscrizione alle liste di collocamento o mobilità o CIG vada inteso, in senso stretto, come unicamente afferente ai “nuovi dipendenti” senza operare, dunque, quale condizione generale di ogni rapporto di lavoro sensibile alla benefit zone e invece solo indicando le condizioni di status amministrativo dei prestatori da conteggiare, ai fini dell’incremento occupazionale, allorché per la prima volta assunti alle dipendenze dell’impresa interessata all’agevolazione in esame. Vale, infatti, prosegue la Corte, per ogni altro lavoratore, il dato prevalente e di per sé decisivo della trasformazione del rapporto di fattispecie a tempo indeterminato, così dovendo il credito d’imposta avvantaggiare l’impresa che, operando tale stabilizzazione, abbia realizzato l’obiettivo della Legge n. 449 citata, già individuato nell’esigenza di politica economica dell’incremento del numero dei dipendenti a tempo pieno. Ne deriva l’illegittimità della revoca del credito d’imposta fondata, come nella fattispecie, sull’omesso rinvenimento della previa iscrizione alle liste di collocamento dei dipendenti, poi assunti a tempo indeterminato, trattandosi di un requisito non necessario e incompatibile con la preesistenza di un altro rapporto di lavoro a tempo determinato, sebbene sorto prima dell’entrata in vigore della Legge n. 449/1997.

Condanna alle spese. In conseguenza del rigetto del ricorso, la Suprema Corte ha condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite, liquidate in 7.000 euro.