Il «transfer pricing» deve tenere conto dello «start up». La Commissione  tributaria regionale di Milano fa proprie, in materia di prezzi di  trasferimento, le indicazioni contenute nelle linee guida Ocse con  riferimento alle imprese in fase di «start up».
Nella determinazione  dei prezzi di trasferimento delle cessioni effettuate da una società  italiana nei confronti di una newco controllata non residente occorre  tener conto anche dell’esigenza di permettere l’avvio della produzione  della newco stessa, nella prospettiva di una redditività futura. In tale  ipotesi, il cosiddetto «valore normale» di cui all’art. 110 Tuir deve  essere determinato tenendo conto di tale situazione di «start up» e,  dunque, non coincide necessariamente con il prezzo che permette di  conseguire un margine di utile sulla singola cessione, potendo di  conseguenza essere determinato sulla base del costo industriale. Questo  il principio affermato nella sentenza 111/44/2012 depositata il 1°  agosto 2012.
Oggetto del contenzioso erano le cessioni di  semilavorati effettuate, nel periodo di imposta 2006, da una società  residente in Italia, nei confronti di una propria controllata residente  in Polonia, di nuova costituzione, a un prezzo pari al costo  industriale.
Secondo l’Ufficio, tale prezzo non poteva dirsi conforme  al cosiddetto «valore normale» ai sensi degli artt. 110 e 9 Tuir, dal  momento che tale prezzo era stato determinato senza tenere conto dei  costi indiretti e senza applicare un margine di utile. 
La società,  invece, difendeva la correttezza del proprio operato, evidenziando il  fatto che le cessioni a un prezzo pari al costo industriale erano state  effettuate solamente nel corso della fase cosiddetta di «start up» della  controllata polacca, al fine di permettere l’avvio della produzione di  quest’ultima e l’affermazione della stessa sul mercato. 
La tesi del contribuente è stata accolta dalla Commissione tributaria regionale di Milano, la quale ha evidenziato che, nella determinazione dei prezzi di trasferimento, ai fini della corretta determinazione del valore normale, occorre attribuire particolare rilevanza alla strategia di mercato perseguita dal contribuente. Tenendo conto di ciò, la Commissione conclude che, qualora le condizioni di mercato non consentano il conseguimento immediato di un utile con riferimento alla singola cessione, anche l’effettuazione di vendite a prezzi apparentemente inferiori a quello di mercato può essere conforme al principio di libera concorrenza.
Tuttavia, sempre secondo la  Commissione, tale situazione si deve protrarre per un periodo di tempo  ragionevole, in modo tale da assicurarsi che il comportamento del  contribuente non sia finalizzato ad ottenere indebiti risparmi di  imposta. 
È importante evidenziare che, nel giungere a tali  conclusioni, la Commissione fa espresso riferimento alle indicazioni  contenute nei par. 1.60 ss. e 1.70 ss delle linee guida Ocse laddove le  stesse evidenziano, in linea generale, come «un contribuente che cerchi  di penetrare un nuovo mercato o che cerchi di espandere (o difendere) la  propria quota di mercato potrà temporaneamente […] conseguire minori  profitti. 
Più in generale, secondo l’Ocse, «un’impresa associata, così come un’impresa indipendente, può sostenere perdite genuine, dovute a costi di start up significativi, condizioni economiche poco favorevoli, inefficienze oppure altre legittime ragioni commerciali». In ogni caso, sempre secondo l’Ocse, «la considerazione di maggiore importanza consiste nel valutare se la strategia in questione può plausibilmente rivelarsi profittevole nel futuro». È proprio sulla base di tale considerazione che la Commissione tributaria regionale di Milano ha sancito la correttezza del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento adottato dal contribuente.
