Realizzazione di grandi opere infrastrutturali, credito d’imposta a costo 0 per l’Erario

Credito d’imposta per le imprese realizzatrici di nuove grandi opere mediante partenariato pubblico-privato, per la realizzazione di un considerevole numero di infrastrutture, diversamente non realizzabili, in grado di stimolare un indotto tale da generare effetti positivi anche per le entrate pubbliche. E’ questo l’obiettivo della norma contenuta nel decreto crescita 2.0, misura in linea con la direzione seguita dal legislatore con il D.L. n. 83/2012 che ha varato i benefici fiscali a favore dei project bond, per i quali non e’ stato necessario individuare una copertura finanziaria.

Il decreto “crescita 2.0” prevede una misura a favore delle imprese realizzatrici di nuove grandi opere infrastrutturali (stradali, ferroviarie, idriche, telecomunicazioni, etc.), mediante partenariato pubblico-privato, cioè mediante forme di cooperazione tra settore pubblico e settore privato, attraverso cui le rispettive competenze e risorse si integrano per realizzare e gestire opere infrastrutturali in funzione delle diverse responsabilità ed obiettivi. Con tale formula, la Pubblica Amministrazione affida all’operatore privato, anche sulla base di uno specifico contratto, l’attuazione di un progetto per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità e per la gestione del relativo servizio.

La norma in esame prevede l’istituzione di un credito d’imposta per la realizzazione di nuove grandi opere infrastrutturali (d’importo superiore a 500 milioni di euro), che non può eccedere il limite del 50% del costo dell’investimento, che viene concesso a condizione che per le stesse opere:

i. non siano previsti contributi pubblici a fondo perduto e

ii. sia acclarata la non sostenibilità del piano economico finanziario, di un credito di imposta rilevante ai fini dell’IRES e dell’IRAP direttamente derivanti dalla costruzione e gestione dell’opera.

Infatti, tale misura permette la realizzazione di nuove infrastrutture che, stante la non sostenibilità del relativo piano economico-finanziario, non sarebbe possibile eseguire in assenza del credito d’imposta in commento che ripristina una situazione di “efficienza economica” dell’operazione.

Si tratta quindi di consentire la realizzazione di infrastrutture di notevole rilevanza il cui piano economico-finanziario evidenzia una antieconomicità dell’investimento relativo: il riconoscimento del credito di imposta è pertanto limitato a quelle opere il cui piano economico-finanziario, proprio in virtù di tale riconoscimento, possa essere posto in equilibrio al fine di conseguire la sostenibilità economica e finanziaria necessaria per il successo dell’operazione, diversamente non raggiungibile.

La misura proposta riguarda la fase della costruzione dell’opera e in taluni casi, anche parte della gestione dell’opera stessa, limitatamente, però, all’arco di tempo necessario a concorrere con il mercato, come detto, entro una percentuale massima del 50% del costo dell’investimento.

Il credito di imposta non dovrebbe determinare oneri per i conti pubblici; anzi, come emerge dalla relazione illustrativa, potrebbe generare maggiori entrate per effetto della realizzazione di nuove opere che non avrebbero avuto la possibilità di raggiungere la sostenibilità economico-finanziaria dei relativi piani.

A tale riguardo, evidenzia la relazione illustrativa, “occorre partire dal presupposto che la fiscalità generata da nuove infrastrutture, cioè da opere che non partirebbero se non ci fossero le agevolazioni, è completamente addizionale e che quindi non può determinare riduzione di entrate per l’erario. In altri termini, non può configurarsi come minore entrata la mancata riscossione delle imposte per la quale non esiste il presupposto, non potendosi, per definizione, realizzare opere in partenariato pubblico-privato con piani economico- finanziari in squilibrio. Al contrario, deve ammettersi che l’indotto creato dalla infrastruttura così realizzata può essere tale da generare entrate di gran lunga superiori all’agevolazione concessa”.

Tale previsione risulta in linea con la direzione seguita dal legislatore con il D.L. n. 83/2012 (decreto crescita) che ha varato i benefici fiscali a favore dei project bond, per i quali non è stato necessario individuare una copertura finanziaria, atteso che tale strumento non risultava presente sul mercato e quindi la previsione di un regime fiscale agevolato non veniva a comportare un minor gettito per la finanza pubblica.

Il credito di imposta in esame dovrebbe conseguire l’obiettivo di favorire la realizzazione di un considerevole numero di infrastrutture, diversamente non realizzabili, in grado di stimolare un indotto tale da generare effetti positivi anche per le entrate pubbliche.

Circa gli aspetti procedurali, si evidenzia che l’ammissibilità dei benefici richiesti avviene a valle della verifica da parte del CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Tale valutazione riguarda la capacità dei piani economico – finanziari, proprio per effetto del credito di imposta, di conseguire, anche attraverso il mercato, la sostenibilità necessaria per la realizzabilità degli obiettivi programmati.

Il decreto “crescita 2.0” apporta anche modifiche alla legge di stabilità del 2012, per la parte relativa alle disposizioni di incentivo delle infrastrutture mediante “defiscalizzazione”.

In particolare, modificando l’art. 18 della legge n. 183/2011:

a) viene meglio chiarito l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della norma che prevede misure di defiscalizzazione in sostituzione totale o parziale del contributo pubblico a fondo perduto al soggetto che realizza in partenariato pubblico-privato opere infrastrutturali incluse in piani e programmi di amministrazioni pubbliche;

b) sono previste disposizioni specificamente finalizzate a estendere lo strumento della defiscalizzazione anche alle opere già programmate, affidate o in corso di affidamento, il cui piano economico finanziario non sia più in equilibrio. Trattasi di un numero chiuso di opere delimitato a quelle che, per variazioni intervenute (quali la diminuzione dei volumi di traffico, l’aumento degli oneri finanziari relativi agli investimenti), potrebbero richiedere la necessità di ripristinare l’equilibrio del piano.